In Italia dal 1861 al 1876, troviamo al governo della Destra storica, espressione della borghesia liberal-moderata. Gli uomini della destra affrontano i problemi post-unificazione del Paese con durezza: estesero a tutta la Penisola gli ordinamenti legislativi piemontesi (processo di "Piemontesizzazione"), adottarono un sistema fortemente accentrato, applicarono un'onerosa tassazione sui beni di consumo, come la tassa sul macinato che gravava soprattutto sui ceti meno abbienti, per colmare il grave disavanzo del bilancio. In politica estera, gli uomini della Destra storica vennero assorbiti dai problemi del completamento dell'Unità, il Veneto venne annesso al Regno d'Italia in seguito alla terza guerra di indipendenza. Per quanto riguarda Roma, la Destra cercò di risolvere la questione in modo diplomatico, ma si dovette scontrare con l'opposizione del Papa, di Napoleone III e della Sinistra, che tentò di percorrere la via insurrezionale. Nel 1870, con la breccia di Porta Pia, Roma venne conquistata da un gruppo di bersaglieri e divenne capitale d'Italia l'anno seguente. Il governo regolò unilateralmente i rapporti Stato-Chiesa con la legge delle guarentigie, ma Papa Pio IX, che da quattro anni si è rinchiuso in Vaticano considerandosi prigioniero politico dello Stato Italiano, il 10 Settembre 1874 pronuncia il "Non expedit" ("non è conveniente"), ossia l'obbligo per i cattolici di non partecipare alla vita politica del Regno unitario. La frattura con la Chiesa, che prende il nome di Questione romana e perdurò fino ai Patti Lateranensi, sottoscritti con il governo fascista nel 1929, costituisce un forte ostacolo all'affermazione delle nuove istituzioni italiane.
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